Il dolore dei piccoli
LIVORNO. Non c’è solo Angelo dentro la bara piccola che in mezzo al duomo, davanti all’altare, calamita gli sguardi persi e subito, con quel bianco che non riesce a raccontare la morte, li respinge. Certo, questo è il funerale di Angelo Di Alessandro, nove anni, morto un’alba qualunque, divorato dal fuoco, da un incendio assurdo, nella sua cameretta al settimo piano di un moderno palazzone popolare di Salviano. C’è la sua foto gigante a colori proprio lì accanto, lui e dietro il mare che gli piaceva tanto. E ci sono le sue foto all’ingresso della chiesa,piumini molina, dove la gente si ferma a firmare il registro delle visite. E poi c’è la sua mamma, Simona, ci sono gli zii, la nonna e gli altri parenti, con lo strazio composto di chi è abituato a rassegnarsi e a incassare i colpi più duri della vita. Ma se lui con il suo corpo di ragazzino è “fisicamente” lì dentro, circondato dai fiori bianchi, azzurri e rosa, a guardare meglio nella bara bianca ci sono anche tutti gli altri bambini che se ne sono andati via, strappati alla vita da storie e destini diversi. Vuoti inconcepibili che danno le vertigini, vuoti crudeli come il nulla, lasciano tra i sopravvissuti i bambini che muoiono. Ed è questa la voragine di dolore e partecipazione insieme che sembra inghiottire le oltre ottocento persone che hanno voluto esserci. Esserci per dire ciao al piccolo Angelo, per dedicargli un pensiero, una lacrima, un rimpianto.
“Sarai una stella nel cielo” dice una paginetta di quaderno scritta a mano in bella calligrafia e appiccicata sulla bara con lo scotch insieme ad una rosa di vetro. L’ha scritta Sara, dice qualcuno, ma potrebbero averla scritta anche Francesco, Giulia, Leonardo, Aurora. Perché se gli adulti sono qui per tentare di dare un senso ad una morte assurda e non trattengono i singhiozzi, i piccoli compagni di scuola hanno quello sguardo duro e caparbio che solo i ragazzini riescono a tirar fuori quando devono farsi forza. In mano hanno tutti una rosa, se ne stanno cupi e immersi nei loro piumini. Loro ad Angelo volevano bene, perché lui era un bambino dolce e buono, i suoi problemi se li portava sulle spalle senza lamentarsi mai, si faceva coccolare e proteggere, anche le maestre lo adoravano.
Un po’ impettiti, in fila, alla fine della messa i bimbi vanno ad abbracciare mamma Simona. Uno a uno, dieci, venti, trenta abbracci che scuotono il banco in prima fila dove siedono tutti i parenti, schiacciati dal dolore e quasi intimoriti da questa grande cerimonia che è stata pensata per il loro Angelo, le autorità, i gonfaloni, i vigili, i pompieri, le associazione di volontariato come l’Svs che ha sostenuto le spese del funerale insieme al Comune. Ad officiare il rito c’è il vescovo, monsignor Giusti, che cerca sì di portare parole di consolazione (perché Angelo non è morto ma vive nell’amore,trebaseleghe spaccio moncler, l’amore vostro e quello di Dio che è eterno) ma non può fare a meno di ricordare quanto sia impossibile per la mente umana concepire la morte di un figlio, e a proposito cita una bellissima poesia di Alda Merini: Quando muore un bambino il sole e la luna sono in lutto e tutto sembra tremendamente brutto.
Brutto, freddo, grigio. E non sarà l’applauso che accompagna l’uscita della bara a riscaldare e a colorare i cuori. Spaesati nella loro tragedia mamma Simona, zia Silvia, gli altri parenti, vengono circondati dalla tanta gente di Salviano che è venuta proprio per far sentire un po’ di affetto a questa gente semplice e ora annientata dalla tragedia. Che oltre a dover elaborare questo grandissimo lutto, sta ora con il fiato sospeso aspettando notizie del babbo e del fratello più grande di Angelo, gravemente ustionati tutti e due nell’incendio.
Quando la bara viene adagiata sull’auto che la porterà al cimitero dei Lupi, mamma Simona non c’è più, ha preferito aspettare il suo piccolo nella stanzetta dove Angelo resterà fino a stamani, fino alla tumulazione. Ma ad accompagnare per un breve tratto il ragazzino dallo sguardo dolce che aveva tanto bisogno di amici,piumini north face, a partecipare al brevissimo corteo che si allontana da piazza Grande, ci sono tutti gli altri, vicini e familiari, e soprattutto i compagni di scuola. Le rose le hanno lasciate ad Angelo, ora in pugno stringono solo l’angoscia.